A
questo punto il Parco si ritrova con un nuovo e più ampio confine e con un Piano
di Assetto adottato. In attesa dell’iter per la sua definitiva approvazione
da parte della Regione Lazio, le Norme di Salvaguardia si devono applicare al
nuovo confine, quello che è stato chiamato perimetro “Ravaldini”.
Questo
fatto ha allarmato alcuni Comuni e le lobbies dei costruttore i quali,
evidentemente, nutrivano bellicosi propositi edificatori nelle nuove e pregiate
aree inserite nel perimetro del Parco. Per contrastare le conseguenze della
nuova e più ampia perimetrazione, gli interessi convergenti di comuni e
costruttori hanno determinato una raffica di ricorsi, contro il Piano e la
Perimetrazione, presso il Tribunale
Amministrativo Regionale del Lazio. La tesi da loro avanzata era
fondamentalmente una – e a undici anni di distanza e decine di sentenze del TAR
continua ad essere ostinatamente perseguita -: “le norme di salvaguardia si
devono applicare sul vecchio confine di 9.500 ettari e non su quello cosiddetto
Ravaldini di 15.000”.
La
“madre di tutte le sentenze” è la n. 49 del 2000, su ricorso del Comune di
Grottaferrata; sentenza del TAR che non lascia adito a dubbi. Essa afferma che
“La L.R. 13 gennaio 1984 n. 2 fissa norme
di salvaguardia che si applicano al Parco dei Castelli Romani sia per quanto
riguarda le aree comprese nel perimetro provvisorio che per quelle inserite nel
perimetro definitivo. Per effetto dei poteri attribuiti a Consorzio degli Enti
Locali dalla legge istitutiva del Parco dei Castelli Romani… l’Ente gestore (o
chi lo sostituisce legittimamente) può operare anche ampie integrazioni
rispetto al perimetro definitivo del Parco stesso.”
Questa
sentenza, come abbiamo accennato, non è stata l’unica favorevole al Parco e ai
suoi confini. Diverse altre negli anni, anche su ricorsi di privati, hanno
visto sempre ribadita la validità e legittimità degli atti del Parco. Si
tratta di fatti certi e non di opinioni.
Arriviamo
così ad ottobre dell’anno 2000, oltre due anni dopo l’adozione. Cosa accade di
nuovo? Accade che il primo Consiglio direttivo del Parco dei Castelli Romani,
con maggioranza di centro-sinistra, nella persona del suo Presidente, chiede
espressamente alla Regione Lazio l’adeguamento del Piano di Assetto adottato
alla legge quadro 29/97. La Regione autorizza l’Ente Parco ad attuare questo
adeguamento. Dunque si ricomincia daccapo? Proprio daccapo no, visto che un
Piano adottato già c’era; ma rientra in gioco la politica e sappiamo come siano
dilatati i tempi della politica. Diciamo che si cincischia un po’ troppo.
Elezioni, commissariamenti, nuovi enti gestori e dopo sette anni siamo ancora
punto e a capo.
Nel
2007, con in carica un nuovo Consiglio direttivo e un nuovo direttore, la
questione dell’adeguamento del PdA trova nuovo impulso. Si riannodano i fili e
dopo due anni di lavoro, l’adeguamento del Piano di Assetto è adottato dal
Consiglio direttivo del Parco con delibera n. 23 del 21 maggio 2009. Sembra che
stavolta ci siamo ma, come sappiamo, il Piano a questo punto deve essere
approvato dalla Regione per espletare la sua efficacia giuridica. Ancora una volta
ciò non avviene e il Piano di Assetto del Parco giace ancora nei cassetti della
Regione Lazio.
Questo
è un fatto da sottolineare: è la politica regionale che ferma il Piano.
Perché non viene accelerata la sua approvazione? (continua)
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